Le Vecchie Glorie del Motorsport italiano: Franco Bercella

Ci sono poche cose che accomunano gli Emiliani come la passione per i motori, Auto o Moto che siano. E ci sono pochi posti per gli amanti dei motori come Varano de’ Melegari, 30km a Sud-Ovest di Parma, dove a qualsiasi ora del giorno si sente il rumore di motori tirati al limite nel circuito Riccardo Paletti.

Ed è proprio questa passione che ha portato alla nascita della nostra azienda, qui a Varano, ormai 25 anni fa. Comincia quindi con Franco Bercella, fondatore e Presidente dell’azienda, la nostra rubrica dedicata alle (Vecchie) Glorie del Motorsport. In queste pagine vedremo susseguirsi personaggi della Motor Valley e non, che per un verso o per l’altro hanno fatto della propria passione una vocazione di vita per esportare il Made in Italy nel mondo, innovando e spesso creando vere e proprie eccellenze.

La parola ai pionieri, a chi era lì dal giorno zero a sperimentare, imparare, sbagliare e correggere. Questa è la storia di come la tecnica è cambiata e si è evoluta nel corso degli anni, raccontata da chi ne è stato e ne è ancora assoluto protagonista.

Cosa rappresenta per lei il Motorsport?

Il Motorsport rappresenta l’essenza di tutto ciò che mi ha fatto crescere e mi ha reso la persona che sono oggi. È uno stile di vita, una passione radicata in me che è cominciata grazie a mio papà quando ero ancora un bambino. Crescendo poi ho avuto modo di fare le mie prime esperienze sul campo, infatti grazie alle scuole e alle visite nelle aziende del territorio, ho mosso i primi passi “giocando” con i Compositi e poi grazie alla vicinanza con Dallara sono stato tra i primi a vedere l’evoluzione della Fibra di Carbonio ma soprattutto a capirne il potenziale, proponendomi come costruttore di componenti in materiale composito.

Qual è il primo ricordo legato alle corse automobilistiche?

Come accennavo poco fa devo la mia passione a quella di mio papà che da piccolo, avrò avuto cinque o sei anni, mi portava con lui a vedere le gare di auto e moto qui al circuito di Varano. Tuttavia, ho un ricordo ben preciso legato al Motorsport, e questo ricordo si chiama VDM. Allora come oggi, nei pressi dell’autodromo capitava spesso di passare e vedere girare le più diverse macchine sportive; proprio in una di quelle occasioni, all’inizio degli anni Settanta, ho visto la VDM, un prototipo disegnato da Dallara.

Guardandola è evidente come fosse una macchina estremamente innovativa per l’epoca. La caratteristica che salta subito all’occhio è la presenza di tre sedili in totale, sia per questioni di bilanciamento sia per maggiore facilità di costruzione del telaio, realizzato con due travi rettilinee scatolate in lamiera di acciaio, che passano accanto al pilota, e che sono anche la base per la parte centrale della carrozzeria, che ha capacità strutturali. Si può immaginare come da bambino ne fossi rimasto particolarmente colpito…

Qual è la prima auto per la quale ha costruito qualcosa? Di che componente si trattava?

Era il 1995 e per le monoposto Dallara di Formula 3 realizzavamo i musetti in carbonio e le paratie interne del telaio, anch’esse in fibra di carbonio e kevlar.

Ci racconta la nascita e l’evoluzione dei Materiali Compositi in ambito motoristico per quella che è stata la sua esperienza?

Escludendo la Formula Uno degli anni Ottanta, in Italia la storia dei Materiali Compositi nel Motorport è legata a doppio filo alla Dallara, che è stata una delle prime a costruire telai in fibra di carbonio per il settore delle corse. Per mia fortuna, vivendo qui vicino, avevo diversi amici e conoscenti che lavoravano lì, e ho avuto quindi la possibilità di capire in anticipo le potenzialità di quei materiali neri molto rigidi e leggeri che oggi, a differenza di allora, conosciamo così bene.

Quale sentimento trasmette la Motor Valley e quali responsabilità derivano dal farne parte in maniera così radicata?

Il territorio della Motor Valley è brulicante di passione, valori e miti. Il mito della velocità, della tecnologia, il mito di tanti piloti che sono passati da questo posto e se ne sono innamorati, perché questo è l’effetto che fa.

Allo stesso tempo però, sentiamo il dovere di rappresentare al meglio questo orgoglio facendo cose che gli altri non fanno. Chi vive qui percepisce questo moto che ci sfida a rappresentare il territorio in un certo modo, e le sfide vanno vinte.

Come azienda abbiamo una forte responsabilità verso il nostro territorio ed è nostro compito adoperarci affinché ciò che ci fa grandi possa continuare ad esistere, migliorandosi e migliorandoci continuamente. Se è stato il caso a far nascere le eccellenze motoristiche italiane e riunirle nella Motor Valley non è dato sapere, quello che siamo chiamati a fare però si sintetizza in ciò che ho detto sopra: miglioramento continuo sia nostro sia della realtà che abbiamo la fortuna di vivere ogni giorno.

Facendo un salto indietro nel tempo, come è stato essere un pioniere dei Compositi in anni in cui non erano ancora così sviluppati?

È stata una grande sfida e un motivo di crescita continua. Nella vita devi anche un po’ trovarti nel posto giusto al momento giusto, e avere la possibilità di “sfruttare” le conoscenze che ho citato prima mi ha permesso di capire i compositi, specializzandomi nella loro lavorazione in anticipo sui tempi.

Poco tempo fa abbiamo raccontato l’arrivo del Carbonio in Formula 1 con la McLaren MP4/1 del 1981. Come vede le monoposto odierne? Ci possono essere ulteriori sviluppi futuri da questo punto di vista?

Nel 1981 l’uso della Fibra di Carbonio era marcatamente pionieristico, adesso sarebbe strano il contrario! I compositi hanno permesso di migliorare drasticamente le prestazioni delle vetture e questa rivoluzione è stata possibile grazie all’evoluzione dei processi e delle tecnologie di produzione, ora più automatizzate rispetto al passato, che consentono alle aziende, e metto in mezzo anche la nostra, di far fronte all’evoluzione della domanda, sia in termini di volumi che di qualità del prodotto.

Come sarà il futuro degli sport motoristici secondo lei?

Abbiamo parlato adesso del 1981 e da quel momento sono passati quarant’anni esatti. Sicuramente c’è ancora margine di miglioramento, più o meno ampio a seconda degli sviluppi che verranno, ma è altrettanto certo che i maggiori passi in avanti sono stati fatti e continueranno ad essere in ambito sicurezza. Basti pensare ad alcuni incidenti degli ultimi anni, da quello di Kubica nel 2007 a quello più recente di Sophia Flörsch nella gara di F3 a Macao nel 2018.

Questi incidenti sono impressionanti da vedere, le macchine molto spesso ne escono semi distrutte, ma è proprio qui che risiede l’innovazione più importante. Dagli anni Ottanta ad oggi, infatti, gli studi e i successivi sviluppi si sono concentrati sulla dissipazione dell’energia, ed è per questo che vedere alcuni componenti che si disintegrano è un buon segno, perché sono stati progettati per quello. La parola d’ordine oggi è progettare le monoposto in modo da dissipare quanta più energia possibile, che in questo modo si trasferisce alla macchina e non al pilota.

È interessante menzionare anche la contaminazione che c’è con altri settori, per esempio quello militare. Mi riferisco nello specifico alle protezioni balistiche in kevlar o zylon che rivestono il telaio, proteggendo il pilota dagli urti perpendicolari, i più pericolosi.

Concludendo, mi riallaccio al discorso di poco fa dicendo che solo la continua e costante innovazione può portare a risultati sempre migliori e perfino insperati!